Le grotte carsiche e i loro abitanti

Una serata del “Lunedì della Rete” molto interessante e partecipata, dipanata fra grotte e fauna, quella che si è svolta ieri sera a Ospedaletto in collaborazione con l’amministrazione comunale.
Con oltre 400 (quattrocento!) grotte naturali, la destra Valsugana e il Tesino sono un vero e proprio groviera.
Queste cavità formate dallo stillicidio dell’acqua all’interno della roccia calcarea formano un vero e proprio labirinto, soprattutto nelle viscere della catena dell’Ortigara, con la pioggia caduta sull’Altopiano dei Sette Comuni che diventa ruscelli, fiumi e laghi sotterranei per fuoriuscire alla fine dalle “bocche” che scaricano nel bacino del Brenta.
La grotta più famosa e più esplorata è sicuramente quella della Bigonda dal cui imbocco, nei momenti che seguono a grandi precipitazioni, vengono scaricati verso il fiume Brenta migliaia di metri cubi d’acqua: un vero e proprio fiume impetuoso come ci ha fatto vedere Stefano Marighetti, geologo del Gruppo Grotte Selva. Circa 40 sono i chilometri della Bigonda finora esplorati e altri ne rimangono da scoprire, anche se naturalmente ogni piccolo avanzamento è ora sempre più difficile vista la distanza sempre maggiore dall’ingresso.
Oltre alla “regina” Bigonda non si possono però dimenticare le grotte del Calgeron, di Costalta e di Ernesto, tutte ZSC-Zone Speciali di Conservazione parte della rete europea “Natura 2000”. E ancora ad esempio la grotta delle Taie o quella di Castello Tesino e, sulla sommità dell’Altopiano di Marcesina, l’abisso di Malga Fossetta che scende per addirittura 1.000 metri nelle viscere della terra sotto i Castelloni di San Marco o gli altri due abissi, quelli “del Grankio” e “del Mistero” che sprofondano per 500 e 300 metri.

Habitat estremi quelli delle grotte naturali e delle cavità artificiali come le miniere coltivate nei secoli scorsi un po’ in tutta la Valsugana, ma habitat che ospitano ugualmente una certa fauna, come ha spiegato l’aracnologo del MUSE Ivan Petri.
Pipistrelli che le utilizzano come riparo, ma soprattutto aracnidi come ragni, opilioni, scorpioni, piccoli animali cioè che si sono adattati a condizioni estreme come l’assenza di luce e di piante che possano fornire alimenti. Così hanno sviluppato adattamenti particolari come l’atrofizzazione o la sparizione degli occhi, inutili al buio, l’allungamento abnorme delle zampe e delle antenne per tastare al meglio il terreno circostante, la depigmentazione della cute e l’approvigionamento di cibo sfruttando le poche risorse presenti, come altri piccoli animali o diventando detritivori.

Insomma, un mondo nascosto estremamente affascinante, sia per gli aspetti geologici che per quelli faunistici.

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