Poligono del Giappone, Balsamina, Albero delle farfalle, ma anche la fitolacca, la comunissima robinia, l’invece rara (almeno per ora) Akebia quinata e tante, tantissime altre.
Sono circa 1.600 le specie di piante esotiche che sono arrivate in Italia negli ultimi cinque secoli da diverse parti del mondo, per lo più America del nord e Asia.
Piante che in alcuni casi convivono in maniera piuttosto “pacifica” con la flora autoctona ma che in altri casi hanno invece preso decisamente il sopravvento sulle specie locali, al punto da diventare invasive creando così problemi alla biodiversità.
Questo è stato il tema affrontato dalla botanica Francesca Valentini nel “Lunedì della Rete” che si è tenuto il 25 novembre nell’affollata “Sala Corropoli” di Telve di Sopra.
Pur avendo radici ed essendo quindi sessili cioè incapaci di muoversi, le piante in realtà si muovono, eccome! Forse non nel significato classico del termine, ma tramite le diverse modalità di propagazione dei semi percorrono metri e chilometri che le portano, in molti casi anche con l’aiuto dell’uomo, a colonizzare nuovi territori.
I fondovalle, con la presenza di corsi d’acqua, strade e ferrovie e dove il clima è più mite che in alta montagna, sono le vie preferenziali di accesso e di insediamento delle piante esotiche. La Valsugana ne è un classico esempio ad esempio con la Balsamina (Impatiens glandulifera) che ha colonizzato in maniera invasiva le rive del Brenta e le scarpate della ferrovia da Pergine a Grigno.